L'alimentazione nell'anziano disfagico

L’ALIMENTAZIONE NELL’ANZIANO DISFAGICO

L’arco della vita si allunga rispetto alle generazioni passate e la vecchiaia non è più il momento finale dell’esistenza, perché diventa una stagione sempre più ampia. Questo prolungarsi della vecchiaia porta con sé speranza ma anche nuove problematiche – come il bisogno di una cura più attenta e continua degli anziani. Non si tratta solo di intervenire in caso di patologie o traumi. C’è proprio bisogno di una gestione continuativa dell’anziano, con caratteristiche e bisogni che richiedono un’assistenza dedicata.

Le famiglie, i figli, i parenti oggi incontrano notevoli difficoltà nel fornire questa assistenza dedicata ai loro cari. Ecco allora che si offre la possibilità di ricevere assistenza attraverso Residenze Sanitarie Assistenziali, Residenze Protette e Comunità Alloggio – tutte strutture pensate proprio per soddisfare le esigenze sia degli anziani, sia dei loro famigliari. Ma come è cambiata la vecchiaia rispetto alle generazioni passate, così anche il mondo delle strutture per anziani si è notevolmente evoluto, per soddisfare nuovi bisogni ma anche nuove criticità – come ad esempio quelle collegate all’alimentazione dell’anziano. Qui vi spieghiamo cos’è la “disfagia” e come trattarla – grazie alla Dietista Dott.ssa Corinne Vigo (qui il suo sito ufficiale: http://www.dietistacorinnevigo.com) e alle sue preziose indicazioni.

La disfagia, ovvero la sensazione di difficoltà o di ostruzione al passaggio del cibo attraverso la bocca, la faringe o l’esofago, è un sintomo che presenta un’elevata prevalenza. Infatti almeno il 45% dei soggetti al di sopra dei 75 anni presenta sintomi legati alla disfagia e approssimativamente il 12-13% dei pazienti ospedalizzati sono disfagici, così come il 66% dei soggetti ricoverati in ospedale a lungo termine.
La disfagia conseguente ad alterazioni anatomiche (stenosi intrinseche, estrinseche) viene denominata “meccanica”, mentre quella associata a lesioni neurologiche o miogene è definita “neuro-motoria”. A seconda della fase della deglutizione che risulta alterata, la disfagia viene suddivisa in: orale, faringea o esofagea.
Dal punto di vista clinico i principali sintomi associati a disfagia sono: alterazioni della mimica facciale, perdita di saliva, ritenzione di cibo nella cavità orale, tosse che compare dopo la deglutizione, voce gorgogliante e sensazione di corpo estraneo in gola.
Le conseguenze della disfagia, indipendentemente dal quadro clinico di base implicano un deficit dell’alimentazione spontanea (ipofagia) con progressiva perdita di peso corporeo, carenze vitaminiche e minerali, disidratazione fino a quadri di grave malnutrizione proteico-calorica e polmonite ab ingestis.
L’intervento nutrizionale in corso di disfagia deve essere finalizzato a impedire la malnutrizione conseguente alla riduzione delle ingesta e a ridurre il rischio di ab ingestis (da materiali ingeriti).

Le modalità nutrizionali implicano:
• L’adeguamento ai fabbisogni di macro e micro nutrienti e al fabbisogno idrico;
• La modifica delle caratteristiche chimico-fisiche degli alimenti in funzione del tipo e grado di disfagia;
• L’adeguamento nutrizionale alle eventuali patologie concomitanti;
• La facilitazione dell’alimentazione spontanea mediante tecniche ausiliarie e strumenti speciali;
• L’utilizzo della nutrizione artificiale integrativa o totale in caso di inadeguato o impossibile assunzione per os.

Il piano alimentare per il paziente disfagico deve essere personalizzato e in particolare bisogna conoscere le caratteristiche degli alimenti per impostare uno schema adeguato:
1. CONSISTENZA o DENSITA’ ovvero la solidità e consistenza dell’alimento (liquidi, semiliquidi, semisolidi, solidi). La consistenza può essere modificata utilizzando addensanti naturali o artificiali (fecola, alginati, agar, amido di mais) oppure diluenti (acqua, latte vaccino o vegetale, brodo, succhi di frutta, centrifugati di frutta e verdura);
2. VISCOSITA’ ovvero la lubrificazione dell’alimento (si può aumentare utilizzando lubrificanti naturali come olio, maionese, besciamella, panna, burro oppure la saliva artificiale);
3. COESIONE o COMPATTEZZA ovvero la forza che tiene unite le molecole (si può aumentare utilizzando creme, salse, gelatine);
4. OMOGENEITA’ ovvero quando le particelle hanno uguale dimensione e consistenza. Gli alimenti possono essere frullati, passati, setacciati, centrifugati, omogeneizzati a seconda del tipo di disfagia;
5. VOLUME BOCCONE che varia a seconda del tipo di disfagia;
6. TEMPERATURA che deve essere calda o fredda perchè spesso di ha un deficit della sensibilità;
7. SAPORE che dovrà essere dipendente dai gusti del paziente e dal tipo di disfagia (si possono usare aromi);
8. COLORE che è importante soprattutto in caso di tracheostomia (si possono usare coloranti).

Infine i consigli pratici sono:
• tenere una posizione retta durante il pasto,
• prendere un boccone alla volta lentamente,
• stare tranquilli,
• parlare poco e non distrarsi,
• consumare i pasti ad orari regolari,
• utilizzare ausili se necessario,
• frazionare i pasti,
• assicurare l’apporto idrico (acqua gelificata),
• prevenire l’accumulo di cibo in bocca con un’adeguata igiene orale.

Questi sono i consigli che voi stessi potete mettere in atto a casa, autonomamente. Ma per un’assistenza dedicata e continuativa potete sempre contare sulle strutture del Gruppo Votto Alessi, che sono presenti nei principali quartieri di Genova: Molassana /San Gottardo, Pegli, Coronata, Genova centro, Castelletto, San Fruttuoso, Albaro, Nervi Capolungo. La nostra presenza capillare su Genova consente ai nostri ospiti e alle loro famiglie di mantenere il loro radicamento territoriale e allo stesso tempo poter contare su professionisti certificati che lavorano per migliorare la qualità della vita – quella dei vostri cari ma anche la vostra.
Se volete informazioni, siamo a vostra disposizione. Potete compilare il modulo qui sotto oppure, se preferite, potete telefonarci al numero verde 800.686.928

 

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